PALMIRO TOGLIATTI…NON IL MIGLIORE MA IL GRANDE BASTARDO…!

Ecco come si esprimeva il comunista Palmiro Michele Nicola TOGLIATTI, detto il MIGLIORE, già nel lontano 1930:

.PALMIRO TOGLIATTI SUL PULPITO.
PALMIRO TOGLIATTI

Il suo insegnamento ha fatto scuola e, anche ai nostri giorni, il “Togliatti pensiero” è molto, molto di moda. Il Presidente Sergio Mattarella e la sinistra italiana sono, infatti, un’evidente dimostrazione, in chiave moderna, della più becera anti italianità. “Sarà bene ricordare che è dovere fondamentale del Presidente della Repubblica quello di tutelare l’integrità territoriale, l’indipendenza e la sovranità dello Stato e di difendere, nelle Istituzioni e nella Società, l’unità nazionale”. Sono parole dell’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga che, seppur pronunciate in un contesto diverso, assumono, oggi, un valore ancora più pregnante.
La sinistra italiana e in particolare i comunisti, hanno scardinato e distrutto il nostro prezioso sistema di valori, sapientemente costruito nel corso di secoli di tribolazioni e di sofferenza.

PRESIDENTE MATTARELLA, SE C’E’, BATTA UN COLPO. LEI, FORSE, E’ ANCORA IN TEMPO PER RECUPERARE LA SITUAZIONE. NON SOTTOVALUTI LA DETERMINAZIONE DEGLI ITALIANI. IL PROSSIMO PASSO POTREBBE ESSERE UNA VERA RIVOLUZIONE…NON DI PENSIERO.
Aldo Rossi

CHI ERA ALDO TOGLIATTI il figlio del Migliore (PALMIRO).
All’età di 85 anni, dopo un lunghissimo ricovero a Modena nella struttura psichiatrica di Villa Igea, è morto (9 luglio 2011) ALDO TOGLIATTI, il figlio negletto di Palmiro e Rita Montagnana. Era nato a Roma nel 1925, ma l’anno dopo si trovò sballottato a Mosca, dove il padre s’incaricò di spegnere per sempre le ragioni di Antonio Gramsci, che denunciò per primo i metodi stalinisti. Antonio, recluso nel carcere di Turi, da allora fu bollato di trozkijsmo, mentre Palmiro si fece complice delle carneficine di Stalin.
Il piccolo Aldo, ragazzino studioso, diligente e acuto, ma timido e introverso, tutt’altro che violento, subisce le angherie del figlio di Tito e degli altri protagonisti del bullismo regnante a Ivanovo. Là, a Ivanovo, c’era la scuola della nomenklatura comunista, dove si educavano i figli dei dirigenti a diventare perfetti stalinisti. Togliatti, mentre il figlio subisce Ivanovo, s’incarica di far eliminare oltre mille comunisti italiani, migliaia di comunisti polacchi, qualche centinaio di compagni tedeschi e, infine, migliaia di anarchici spagnoli massacrati non da Franco, bensì dai commissari politici al servizio dell’Nkvd.
Nell’inferno di Ivanovo.
Aldo rimane solo nell’inferno dei bulli di Ivanovo dove il babbo è preso dai lavori in corso per far nascere l’homo novus, ammazzando preventivamente gli uomini esistenti. 
Aldo non è gratificato dall’essere «figlio del partito», non si sente soldatino di Stalin; i compagni di scuola lo picchiano, lo scherniscono, perché non si comporta da comunista combattente, sentendo dentro di sé tutto il male di vivere del presunto Eden sovietico, dove quel bambino fu abbandonato in nome di Stalin.
La separazione dei genitori.
Nel 1945, Aldo torna in Italia, giusto in tempo per patire il sisma passionale di suo padre per Nilde Iotti e la conseguente dolorosa separazione di mamma Rita da babbo Palmiro. Nel 1951, figlio scomodo e non più presentabile, ebreo e malato, viene rispedito a Mosca, mentre Togliatti, insieme al partito nuovo, fonda anche la famiglia nuova con la Iotti. 
La moglie Rita ed il figlio Aldo hanno problemi per mille motivi, anche perché entrambi ebrei, in una fase in cui esplode l’antisemitismo comunista, con tanto di cacce alle streghe contro i medici e l’omicidio di Rudolf Slansky, segretario del partito comunista cecoslovacco, colpevole di essere israelita. Togliatti li ha cancellati tutti e due questi scomodi ebrei, moglie e figlio, tant’è che nel 1956, partecipando all’epocale XX congresso del Pcus, non ritiene opportuno vederli e salutarli. Rita, disperata, si rivolge all’altro stalinista Vittorio Vidali, comunque più umano di Palmiro, per chiedere aiuto. E l’aiuto consiste nella possibilità, lei prigioniera in Unione sovietica, di poter riavere il passaporto per rientrare col figlio in Italia.
Vidali e, credo, Krusciov, che di Togliatti ha un’opinione pessima, fanno sì che i confinati Rita e Aldo possano finalmente tornare a Torino. Là Rita, che è ormai tutto il mondo di Aldo, si dedica al figliuolo sino al 1979, quando un ictus la porta via dalla valle di lacrime. Aldo torna così ad essere forzatamente «figlio del partito». Dopo un breve periodo in cui è ospite alle Frattocchie, il Pci modenese, nel 1981, lo fa internare in una locale casa di cura, stanza 227, quindi 429, incaricando il compagno Onelio Pini di fargli visita e di portargli la “Settimana Enigmistica” e le sigarette Stop senza filtro, uniche gioie, insieme agli scacchi giocati da solo, del povero Aldo. A parte Onelio e le cure amorevoli del dottor Nino Costa, saranno i parenti ebrei gli unici a fargli sentire di essere ancora un uomo e non una cosa di cui vergognarsi. Non risultano da parte di Nilde Iotti e neppure della sorellastra, Marisa Malagoli, che pure mi pare sia specializzata in psichiatria, particolari attenzioni per la condizione di Aldo.
Aldo ebbe un solo sogno, comunque non comunista, quello dell’ebreo errante, anarco-individualista, di navigare sulla rotta delle caravelle di Cristoforo Colombo, verso un mondo diverso, nuovo, verso la Statua della libertà. Provò due volte a imbarcarsi per New York e per due volte i poliziotti di Togliatti gli tarparono le ali, bloccandolo. Solo ora, quell’uomo intelligente e delicato, prigioniero di Stalin, è davvero libero.
Giancarlo Lehner

P.S. Articolo pubblicato sul quotidiano “Libero” il 12 luglio 2011 a seguito della morte di Aldo Togliatti avvenuta il 9 luglio 2011.

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