
Il Soldato Dimenticato di Claudio Restelli
Prima Guerra Mondiale. Uomini, Soldati, Eroi. Il Trentino ed il Tirolo durante la Grande Guerra.Nel 1914, con lo scoppio delle ostilità, gli Austriaci chiamarono alle armi gli uomini di età compresa tra i 21 e i 42 anni (dal 1915 dai 18 ai 49 anni).
I trentini richiamati furono circa 60.000; i caduti in guerra più di 11.400.
I trentini furono impiegati soprattutto sul fronte orientale, anche se alcuni combatterono anche sul fronte italiano.
Vennero inquadrati nei 4 reggimenti Kaiserjäger (cacciatori imperiali) e nei 3 reggimenti da montagna Landesschützen, oltre che nei 2 reggimenti di milizia territoriale (Tiroler Landsturm).
Circa 700 trentini scelsero invece di arruolarsi volontari nell’Esercito Italiano.
A partire dal 1917 furono riuniti nella Legione Trentina. Molti erano giovani studenti cresciuti nei centri urbani del Trentino, educati dalle famiglie e nella scuola a sentimenti di italianità, ma non mancavano maturi professionisti, operai, commercianti ed artigiani.
Circa 15-20.000 trentini caddero prigionieri dei Russi o disertarono. Molti di loro furono impiegati in Russia come forza lavoro. La collaborazione militare tra Regno d’Italia e Impero russo permise a circa 4.000 prigionieri trentini e italiani delle province adriatiche, di sentimenti nazionali italiani, di trasferirsi in Italia.
Partiti nel 1916 dal campo di prigionia di Kirsanov, imbarcati nel porto di Arcangelsk, attraverso la Gran Bretagna e la Francia giunsero a Torino.
Alla fine del 1917, altri 2.500 vennero trasferiti in Cina. Alcune centinaia di loro, inquadrate nei Battaglioni Neri del Corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente, combatterono contro i bolscevichi; altri trentini si arruolarono invece nell’Armata Rossa. Un ultimo gruppo, infine, fu imbarcato dai porti dell’Estremo Oriente per gli Stati Uniti, da dove proseguì alla volta dell’Europa.
Nel dicembre 1917 la Russia e l’Ucraina stipularono un armistizio con l’Impero austro-ungarico e la Germania. La vittoria degli austro-germanici permise loro di spostare gran parte delle loro forze sui fronti italiano e francese. A presidio del confine orientale rimase quasi tutto il contingente di lingua italiana costituito da trentini e da italiani delle province adriatiche dell’Impero.
Nel maggio 1915, allo scoppio delle ostilità con il Regno d’Italia, l’esercito austro-ungarico riuscì a fatica a presidiare il nuovo fronte. I Comandi austriaci accorciarono il fronte arretrando le linee difensive lungo un sistema di trincee, caverne e ripari fortificati predisposti nei mesi precedenti.
Le truppe schierate a difesa del Tirolo ammontavano a circa 35.000 uomini; furono mobilitate anche le compagnie di Standschützen tirolesi. In appoggio all’alleato, anche l’esercito tedesco inviò alcuni reparti.
Per l’esercito italiano il Trentino era un fronte secondario ma difficilissimo. I soldati di entrambi gli schieramenti conobbero la durezza della “guerra bianca” e furono costretti a combattere in condizioni di vita estreme.
Con l’offensiva lanciata nel 1916 tra la Vallagarina e Asiago (Strafexpedition), l’esercito austro-ungarico minacciò gravemente le posizioni italiane sulle Prealpi del Veneto. Nel novembre 1918 dopo una lunga guerra di posizione, sanguinose avanzate e una grave sconfitta a Caporetto, l’esercito italiano sfondò le linee austro-ungariche. Il 4 novembre 1918 venne firmato l’armistizio.
Le cime delle montagne del Trentino vennero occupate rapidamente e si finì per combattere sulle cime più elevate del Trentino, dal Lagorai al Passo San Pellegrino, alla Marmolada, alle Tofane, alle cime di Sesto. Ci furono scontri sul Gran Zebrù (3859 m), sulla Thurwieser (3652 m), sulla parete di ghiaccio della Cima Trafoi (3553 m), sul Cevedale (3378 m), sul Vioz (3644 m), sulla Punta S. Matteo (3692 m).
Per ripararsi, i soldati dei due eserciti scavarono ricoveri nel ghiaccio sull’Adamello e della Presanella e sulla Marmolada, dove venne costruita la “Città di ghiaccio”, comprendente 8 chilometri di gallerie, ricoveri e depositi.
La guerra di alta montagna fu anche una guerra dell’uomo contro la natura.
Le perdite per i congelamenti furono ingenti. Il principale pericolo erano le valanghe che, nell’inverno 1916-17 uccisero non meno di 10.000 uomini.
Tutto doveva essere trasportato con teleferiche, su slitta o a dorso di uomo (o di donna). Vennero costruite strade, gallerie e ponti, con mascheramenti per nascondere i movimenti di truppe e rifornimenti. Furono impiegati treni e camion, teleferiche e decauville. Nelle retrovie si realizzarono magazzini, depositi, baracche, ricoveri e alloggiamenti per le truppe, cucine e ospedali da campo. Telefono e telegrafo permisero i collegamenti tra retrovie e prima linea.
In montagna si combatté anche una spettacolare guerra di mine. Il Col di Lana, il Lagazuoi e il Castelletto, il Cimone d’Arsiero, il Colbricon, il Dente italiano sul Pasubio, contesi nel corso di ripetuti e sanguinosi assalti, furono fatti esplodere con decine di migliaia di chilogrammi di esplosivo.
Alla fine della guerra, scomparso l’Impero austro-ungarico, il Trentino entrò a far parte del Regno d’Italia.
Il paesaggio del Trentino appariva trasformato dalla costruzione di fortificazioni e campi trincerati, dal disboscamento, dalle esplosioni e dalle azioni belliche.
Dalla Valle di Sole alla Valle del Chiese, dalla Valle di Ledro all’Alto Garda, dalla Vallagarina alla Vallarsa, da Lavarone e Luserna alla Valsugana e al Primiero, un centinaio di paesi e di borgate che si trovavano nella “zona nera” risultarono distrutti o gravemente lesionati. I profughi e i soldati che tornavano nei propri paesi trovarono edifici danneggiati, abitazioni e cantine saccheggiate, campagne, pascoli e boschi disseminati di ordigni inesplosi e di reticolati.
La ricostruzione, assistita dal Genio militare italiano, iniziò rapidamente e permise nell’arco di un paio di anni di riparare alcuni dei danni più gravi prodotti dalla guerra. La ripresa della vita civile ed economica fu lenta e complicata, a causa del nuovo assetto istituzionale in cui il Trentino si venne a trovare, del cambio della moneta, del mutamento delle principali relazioni commerciali.
La costruzione di una memoria pubblica dei caduti trovò anche in Trentino un grande spazio. Il ricordo dei più di 11.000 trentini caduti in divisa austro-ungarica fu invece ostacolato dal nuovo Stato italiano che non seppe riconoscere la situazione in cui il Trentino si era trovato. Vennero invece celebrati i caduti volontari nell’Esercito italiano ed in particolare Cesare Battisti , Fabio Filzi e Damiano Chiesa, catturati nel 1916, mandati al patibolo nel Castello del Buonconsiglio.
PER NON DIMENTICARE
* Foto Archivio Storico Tirol Archiv Photographie ritrae Soldati Austroungarici durante la traslazione della salma di Sepp Innerkofler dalla Cima del Paterno al cimitero di Sesto di Pusteria, passando di fronte alle Tre Cime di Lavaredo, durante la Grande Guerra.
Si ringrazia Gian Piero Passoni per la preziosa segnalazione
IL SOLDATO DIMENTICATO.
La storia di Giovanni Battista Faraldi (Leucotea Edizioni Sanremo). In tutte le Librerie e Webstore.
(Dal Web)