LA PARABOLA DEL GECO.

di Irene Falconieri 

Questa non è una relazione?

Il geco con cui condividevo casa da qualche tempo sembra essere sparito. Spero sia andato via. È arrivato che era piccoletto, accompagnato da quella che mi piaceva immaginare fosse la sua mamma. Di lei si sono perse presto le tracce. Lui invece è rimasto. 

L’ho osservato crescere e in alcuni momenti ci siamo fatti paura a vicenda, molta paura. Con il tempo, però, abbiamo imparato a conoscere le abitudini reciproche e quindi a convivere. 

Siamo due presenze discrete, silenziose, pacifiche. È stato facile, in fondo.

Ultimamente osservarlo mi rattristava. Non era la sua presenza a incupirmi quanto il pensiero che fosse cresciuto nel chiuso di quattro mura: un appartamento è un ambiente adatto ad un geco? Come avrebbe fatto a riprodursi? E il contatto con i suoi simili? Una vita in isolamento può definirsi vita? E mentre mi ponevo queste questioni, cercavo contemporaneamente il modo di aiutarlo a costruirsi una strada verso la libertà. Non so se ci sono davvero riuscita. So che un giorno non è più apparso, i giorni sono diventati settimane e le settimane mesi. 

Mi piace immaginarlo là fuori ad esplorare pareti sconosciute, assaporando l’aria sulla pelle ruvida.

A me un po’ manca, a dire il vero. Mi manca persino lo spavento che a volte mi procurava. E in questa sottile melanconia che si genera dall’improvvisa assenza di una presenza divenuta abituale non posso evitare di leggere i segni di quella che è la vita. 

Anche le relazioni improbabili diventano possibili se solo proviamo a capirci e a prendere le giuste misure. Desiderare la felicità degli altri spesso ci costringe a fare i conti con sentimenti scomodi. In entrambi i casi si corre il rischio di diventare persone migliori.

(Dal Web)

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