Questa storia non è frutto di fantasia, è storia vera, è storia vissuta…che dedico ai miei carissimi nipoti.
Correva l’anno I968 (chissà perché gli anni corrono sempre!). Ero appena stato assegnato al reparto operativo di destinazione: il 51° Stormo – 22° Gruppo Caccia – di Istrana (Treviso). La gioia e l’entusiasmo erano alle stelle, complice anche una scanzonata e spensierata gioventù. Finalmente ero vicino ai miei affetti, mia Madre e mio Padre abitavano a Rovereto e ogni fine settimana – pioggia, neve o grandine (!)- percorrevo la valle del torrente Astico per andare a trovare loro e i miei fratelli. Nel frattempo avevo conosciuto anche Erica diventata, poi, mia moglie. Proprio in quel periodo, Erica, decise di regalarmi un canarino Harzer Roller che era riuscita a farsi donare da un suo Zio, appassionato allevatore. Il canarino venne con me a Istrana e lo tenevo nella sua gabbietta, con la porticina sempre aperta, e quindi libero di volare all’interno della mia stanza. Il canarino libero, era diventato, però, un problema molto serio per la Signora Maria, incarica di mantenere in ordine gli alloggi di altrettanti allegri e scapestrati giovani ufficiali. Vittorio, l’aveva anche “minacciata” di aprirsi l’accappatoio davanti a lei!. Lei, però, reagiva alle minacce sempre con serafica fermezza, sciorinando anche le sue preghiere in perfetta lingua veneta…”Gesù, Maria salvème da sto mato…!”. Comunque il vero problema della signora Maria, era il canarino libero nella stanza del Sottotenente Rossi! Se fosse scappato? Io l’avevo comunque tranquillizzata dicendole….Maria, se scappa è perché sceglie la libertà! Il canarino era furbo – vitto e alloggio garantito – stava benissimo libero nella mia stanzetta e non pensava proprio a scappare anche perché la finestra della stanza era dotata di una robusta zanzariera. Quando la sera rientravo, mi salutava, a modo suo, svolazzando attorno alla mia testa rientrando, poi, nella sua gabbietta. Dopo un breve periodo iniziale, di naturale diffidenza, siamo, però, diventati amici. Quando la sera, nel letto, leggevo un libro, lui arrivava puntualmente e si posizionava sul bordo superiore del libro e con piccoli scatti della testa, si limitava a guardarmi. Quando dovevo girare pagina, però, lui si infastidiva perché dovevo spostarlo leggermente dal suo appoggio. Andava e tornava libero dalla sua gabbietta e talvolta, per fargli un dispetto (io bastardo!), gli spegnevo la luce quando era in volo e così non vedeva più niente! Poi, indispettito mi lanciava, un cinguettio di rimprovero. Ricordo anche che una volta (sempre io bastardo!) gli bloccai le alucce con un giro di elastico e quella volta si incazzò davvero di brutto. Appena liberato volò nella sua gabbietta e mi tenne il broncio fino all’indomani. Eravamo diventati amici!
Quando mi sposai con Erica, andammo ad abitare al Villaggio Azzurro di Istrana e anche il canarino venne con noi. La sua gabbietta, sempre aperta, era posta sopra un pensile della cucina. Inizialmente diffidente, perché non conosceva Erica, il canarino rimaneva solo nei pressi della sua gabbietta. poi, presa un po’ di confidenza, cominciò a girare per tutta la casa e ci veniva a trovare anche in soggiorno, si posava sulla nostra tavola, e si divertiva a catturare qualche piccola briciola di pane sulla tovaglia. Quando, poi, Erica si metteva a lavare i piatti arrivava anche il canarino che, posandosi sui suoi capelli, giocava con i suoi riccioli. Era bello vederlo muoversi e impigliarsi fra i capelli di Erica che, per farlo sentire ancora più a suo agio, poneva una spugnetta sul bordo del lavello e lasciato aperto un filo d’acqua, il canarino scendeva e si faceva il bagnetto spruzzando acqua tutt’intorno. Un giorno trovò la porta della cucina aperta e uscì posandosi sul vicinissimo filo della biancheria stesa al sole. Rientrò in casa sua sponte e si rifugiò contento nella sua gabbietta…aveva visto una piccola porzione di mondo. Il canarino ci fece, così, compagnia ancora per parecchio tempo e ci allietò con il suo estro acrobatico casalingo…finché un giorno di primavera, trovata ancora la porta aperta, se ne andò e non tornò più. Aveva scelto la sua libertà.
Aldo Rossi