IPAZIA D’ALESSANDRIA…MARTIRE DELLA LIBERTÀ DI PENSIERO.

IPAZIA D’ALESSANDRIA

Mitologia greca
Salamone Maria

IPAZIA D’ALESSANDRIA

Nel quinto secolo, Alessandria era la capitale d’Egitto: popolosa e viva, tra i suoi edifici più iconici si annoveravano il Faro, una delle sette Meraviglie del mondo antico, e la centenaria biblioteca, che conservava migliaia di rotoli di pergamena di molte epoche diverse. La città era ricca di templi come il Serapeo e il Caesareum, eretto da Cleopatra VII in onore dell’amante Giulio Cesare e in seguirto dedicato al culto dell’imperatore. Sede anche di importanti istituzioni scientifiche come il Museion, Alessandria era un grande polo culturale e religioso: infatti, nonostante il governatore fosse il praefectus augustalis, un’autorità provinciale inviata dall’imperatore d’Oriente, il vescovo della città era una figura ricca e influente. Teone d’Alessandria era uno dei più illustri maestri della capitale. Matematico e astronomo, tramandò diversi scritti, tra cui un metodo per estrarre le radici quadrate e due commentari per le opere “Elementi” di Euclide e “Almagesto” di Tolomeo. Quando nacque sua figlia, iniziò a trasmettere queste conoscenze anche a lei:῾Υπατία, un nome che “evocava un’idea di eminenza”. Sarebbe stata la sua erede, come prevedeva la diadoche, una sorta di tradizione iniziatica di avvicendamento dei maestri della filosofia neoplatonica. Probabilmente orfana di madre, sin da piccola la curiosa Ipazia crebbe nello studio del padre, apprendendo tutto ciò che sapeva. Dalla filosofia neoplatonica assorbì l’austerità, la schiettezza, la spiritualità, l’apertura al dialogo e la ricerca della verità. L’ideale di vita greca, descritto dagli antichi come “il metodo più fertile e più efficace per coltivare la mente.

Più tardi, dopo aver approfondito le sue conoscenze anche ad Atene e in Italia, Ipazia divenne così capace che, ancora ragazza, le offrirono la cattedra di una delle più importanti scuole di Alessandria. Maturò in una donna distinta, tollerante, persuasiva, appassionata: abile ed equilibrata nella parola, ma anche decisa nelle azioni. Si narra che nelle conoscenze scientifiche, filosofiche e politiche avesse superato il padre; Socrate Scolastico, storico suo contemporaneo, scrisse che: “Era arrivata a un tale vertice di sapienza da superare di gran lunga tutti i filosofi della sua cerchia“. Non a caso i potenti dell’epoca spesso la consultavano per prendere decisioni e le chiedevano di fare da intermediaria negli scontri politici. Nonostante fosse pagana, era stimata anche da alcuni cristiani, come il vescovo e suo allievo Sinesio di Cirene, ed era ammirata anche da molti di coloro che la ritenevano inferiore in quanto donna. Tutte le fonti la descrivono come molto bella, anche se non conosciamo dettagli sul suo aspetto. I suoi studenti, che talvolta avevano anche un’età superiore alla sua,  spesso s’innamoravano e la corteggiavano. Lei li respingeva duramente, ricordando loro che il desiderio fisico è legato al corpo e alla nostra spinta a perpetrare la specie: un impulso da sublimare, trasformandolo in amore del sapere. Non a caso si dice che Ipazia, che non convolò mai a nozze, si descrivesse come sposata alla verità. Alcune fonti riportano che dopo aver respinto uno studente avesse mostrato alla classe un panno sporco di sangue mestruale: l’emblema della corporeità. Si tratta probabilmente di un’estremizzazione, ma è certo che Ipazia fosse provocatoria. D’altronde, spesso era l’unica donna presente a riunioni di soli uomini, talvolta anche molto potenti: situazioni che non la intimidivano.

Ipazia era una maestra di alto rango che guidava la corrente neoplatonica più importante dell’epoca. Ne tramandava le conoscenze agli aristocratici, sia in lezioni private per pochi eletti, presso la propria casa, sia in lezioni pubbliche. Queste non si svolgevano nelle piazze, ma in luoghi come il Museion e il Serapeo, il tempio sorretto da più di cento colonne dedicato a Serapide, la divinità che dominava l’aldilà, l’Ade, e incarnava il potere dei monarchi. Questo dio, venerato da pellegrini che giungevano anche dall’Oriente, era rappresentato da una statua alta e possente, di una lega metallica bluastra e ricoperta da un mantello adornato da pietre preziose. Delle opere di Ipazia d’Alessandria non ci rimane nulla. Non è noto se abbia scritto testi originali, o se abbia precorso i tempi con le sue osservazioni celesti. Sappiamo, però, che la scienziata realizzò commenti e rivisitazioni di opere di algebra, geometria e astronomia di autori classici, come Diofanto, Apollonio di Perga e Tolomeo. Ad esempio, indagò diversi tipi di equazioni (indeterminate e quadratiche), le sezioni coniche e le figure geometriche che ne derivano (cerchio, ellissi, parabola, iperbole) e i moti dei corpi celesti. Per approfondire i suoi studi, Ipazia si dedicò anche alla meccanica. Inventò e fece realizzare ai suoi studenti almeno tre strumenti: un idroscopio (per misurare la densità dei liquidi), un aerometro (che misurava la densità di alcuni gas) e un astrolabio piatto.

Nel quinto secolo, nelle terre greche e romane convivevano molti credi religiosi differenti, con forti attriti ideologici e politici. In particolare, i cristiani erano in aperta critica con le altre correnti religiose del mondo antico. Disapprovavano i pagani e, in parte minore, le loro filosofie. Si scontravano con gli ebrei, che ritenevano “deicidi” e che ricambiavano l’ostilità descrivendo il cristianesimo come devianza dell’ebraismo. La corrente principale della cristianità antica (il futuro cattolicesimo) disprezzava le eresie sorte in seguito ai primi Concili ecumenici, ovvero quei gruppi di cristiani, poi organizzatisi in proprie Chiese, che interpretavano la Bibbia diversamente da loro, ad esempio sostenendo che il dio cristiano non fosse una trinità (correnti come il nestorianesimo, l’arianesimo e il monofisismo.

Nel quinto secolo, nelle terre greche e romane convivevano molti credi religiosi differenti, con forti attriti ideologici e politici.

Nel 415 e.v., Ipazia stava tornando a casa in carrozza, quando una folla di cristiani la afferrò, la trascinò sulla strada e la denudò. In gruppo, la trascinarono nel Caesareum, dove la smembrarono con l’aiuto di cocci e le cavarono gli occhi mentre era ancora viva. Poi sparsero i suoi resti per la città e diedero loro fuoco.

L’atto, probabilmente commissionato da Cirillo per ideologia o fame di potere, fu condannato da molti. Ma non dall’imperatrice di fatto, l’estremista Pulcheria, che reggeva il trono dell’imperatore bambino Teodosio II. Né da altri politici, che erano stati corrotti. Così, l’inchiesta fu insabbiata e il crimine restò impunito. L’assassinio di Ipazia, che probabilmente rappresentò un danno collaterale del tentativo di distruzione del potere statale da parte dei capi cristiani più avidi, ha molto colpito gli intellettuali dei secoli a venire, facendo di lei la scienziata più famosa dell’antichità e una delle poche a essere citata in quasi tutte le opere che parlano di storia della scienza. L’assassinio di Ipazia ha molto colpito gli intellettuali dei secoli a venire, facendo di lei la scienziata più famosa dell’antichità e una delle poche a essere citata in quasi tutte le opere che parlano di storia della scienza. Storici, scrittori, filosofi e altre decine di figure che hanno parlato di Ipazia d’Alessandria.
(Dal Web)

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