COVID 19: PANDEMIA INVENTATA O COSTRUITA…!?

L’Intellettuale Dissidente 

Ostinarsi a vedere nella pandemia solo un vasto problema sanitario e politico-sanitario, relegando tra le ipotesi fantasiose il colossale esperimento ingegneristico-sociale e social-tecnologico a cui la pandemia offre l’occasione storia, è pura cecità: è una rinuncia al pensiero, una débâcle del pensiero.
La crisi pandemica è una crisi «costruita». «Costruita» non significa affatto «inventata» (che è la tesi «negazionista» in senso stretto, proposta almeno agli inizi anche da Giorgio Agamben). Significa che il Covid è una vasta epidemia influenzale, con un andamento classico dall’Estremo Oriente all’Occidente.  Nello stesso tempo, la comunicazione mediatica e la gestione politico-sanitaria dell’epidemia la hanno di fatto trasformata (e in questo senso «costruita»), assegnandole un ruolo catastrofico-epocale evidente fin dalle prime dichiarazioni («la crisi più grave dalla II Guerra Mondiale» ecc.). Sia il lessico militare adottato fin dalle prime settimane, che il paragone enfatico con la Seconda guerra mondiale sono indizi di una crisi che era, in realtà, attesa da tempo. Questo è un punto capitale per comprendere l’«amplificazione» politico-mediatica della crisi (con le ipotesi ci si può anche spingere a quella estrema, della pandemia «provocata»; che però, per quanto plausibile, non è dimostrabile, e non è nemmeno necessaria per comprendere quella che chiamo la sua «costruzione»). Alla «costruzione» politico-mediatica della crisi (cioè alla natura della sua comunicazione e delle misure sanitarie) hanno contribuito in una misura decisiva gli scenari previsionali, suggeriti o direttamente confezionati dai Servizi di intelligence, allo scopo di predisporre in tutti i paesi, specie del mondo occidentale, un clima di «guerra».  Dal confronto con paesi non-militarizzati come la Svezia, risulta chiaro che le misure restrittive suggerite dai Servizi (e dagli Istituti di Sanità) hanno vistosamente amplificato la gravità dell’epidemia. Una seconda, vistosa amplificazione, riguarda i criteri di conteggio dei decessi, che solo in parte sono attribuibili al Covid. Non è tuttora chiaro in quale misura l’aumento della mortalità nel 2020 sia dovuto al Covid come tale e in quale misura sia dovuto a patologie trascurate a causa del Covid. C’è poi un terzo elemento: il numero altissimo di pazienti affetti da patologie pregresse su cui il Covid ha avuto l’effetto del «colpo di grazia». Ma l’allarme diffuso per oltre un anno da tutti i media ha messo in assoluta evidenza il numero dei «contagi», di per sé ben poco significativo, vista la scarsissima letalità della malattia in età giovanile (mentre l’età media dei decessi si è attestata sugli 81 anni, che è l’attesa media di vita nei paesi più «evoluti»). 
Parlare di una pandemia «costruita» sarebbe ancora vago e irritante se la mostruosa accelerazione delle attività telematiche nel corso del 2020  (una vera «abbuffata» telematica, monopolizzata dalle solite mega-aziende  del settore), non suggerisse che la «costruzione» della pandemia (nei termini visti sopra: una pandemia reale, ma costruita mediaticamente come catastrofe globale), l’enfasi sul «distanziamento connesso» ecc., è servita a creare le condizioni ottimali per un riassetto rivoluzionario delle società soprattutto occidentali, fondato su un utilizzo moltiplicato delle tecnologie informatiche. Nel marzo 2020 il Segretario generale dell’ONU «salutava» il Covid come la grande occasione per informatizzare anche le società più riluttanti. Non risulta che i media – e gli infiniti dibattiti televisivi – abbiano dato a spazio alla formidabile ammissione di António Guterres (troppo tempestiva e troppo «positiva» nei toni per non tradire un’attesa trepidante da parte del comparto tecnologico-industriale ora più lanciato nelle quotazioni di Borsa: la cosiddetta new economy). Parlando sopra di «riassetto» ho anticipato la risposta sul Great Reset. In effetti, il mio saggio era già in stampa quando ho letto l’omonimo saggio di Klaus Schwab e Thierry Malleret (nella versione inglese, l’unica attualmente disponibile).  Il lungo testo illustra con dovizia di particolari un vasto progetto di riassetto economico-sociale fondato essenzialmente sulle nuove tecnologie informatiche e propiziato dalla pandemia. Va da sé che Schwab e Malleret non parlano di una pandemia «costruita» ad arte: ne illustrano quelle che, dal loro punto di vista, sarebbero le meravigliose e inevitabili «ricadute». Il dato saliente è che Mr. Schwab non è un pensionato svizzero dedito ai romanzi di fiction: come organizzatore del Forum annuale di Davos è uno dei personaggi più informati in assoluto su quel che si agita nella «pancia» del mondo tecnologico e finanziario. Può sembrare strano, se mai, che un progetto di ingegneria sociale così audace sia stato reso pubblico. La spiegazione probabile è che la «cupola» di poteri industriali, tecnologici, finanziari, coinvolta in questa operazione di riassetto (una vera «guerra» della new economy contro la old economy) sia così sicura della propria «agenda» da venire tranquillamente allo scoperto. Come succede, del resto, con i governi «tecnici» a cui abbiamo fatto il callo (da Monti a Draghi). È la sfacciataggine della forza, che, ritenendosi imbattibile, non ha bisogno di nascondersi. Che la cosiddetta democrazia sia una copertura funzionale di interessi fortemente elitari, è ormai il segreto di Pulcinella.
Flavio Cuniberto
(Dal Web)

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