
Ciao ragazzi,
dopo un numero di anni che preferisco non ricordare, ieri sera, purtroppo tramite computer, ho salutato per l’ultima volta i miei allievi piloti. Ho perso il conto di quanti ne ho portati, prima in volo poi in aula, al loro traguardo.
Ne ho avuti anche di tracotanti, presuntuosi, persino antipatici ma, la maggior parte, sognatori appassionati, ai quali ho cercato di trasmettere, più che le sacrosante nozioni, le basi, la mentalità, la curiosità necessaria a non smettere mai di chiedersi un perché, gli strumenti per cercare le risposte e gli elementi per distinguerle e selezionarle.
Aspettavo questo momento da tanto. L’ho deciso io. Nell’attesa ne ero quasi contento. Poi è arrivato il commiato definitivo e…
Mi viene sempre in mente un ragazzo che faceva l’elettricista. Dopo la prima o la seconda lezione mi confessò, umile e preoccupato, di non essere sicuro di avere le basi per arrivare un giorno al seggiolino di un aereo di linea. E’ stato bellissimo vederlo crescere, acquisire sicurezza e, nella sua divisa immacolata, prendere possesso del posto di lavoro più bello del mondo. Quanti come lui.
E tutti quelli che una volta finito il corso non si staccano più, nonostante io faccia di tutto per rompere il cordone ombelicale istruttore-allievo, per permettere loro di acquisire consapevolezza. Ti cercano per un consiglio anche quando volano su aerei che io non ho mai pilotato, per raccontarti un fatto o solo per dirti “Robé, giuro, in quel momento ho sentito la tua voce che mi diceva – che ca… fai!”. Lo sanno che per loro ci sarò sempre.
Quello che ad un colloquio di una compagnia francese ha parlato del “diagramma della tetta” (ma se vedeste il disegno assomiglia veramente ad un seno con il capezzolo) poiché non ne ricordava il nome francese, facendo trasecolare e poi strozzare dalle risate gli esaminatori incuriositi da dove venisse una simile definizione e lui che risponde “me lo ha detto il mio istruttore!”.
I “Talpo dixit” come gli allievi, negli anni, hanno battezzato i miei modi di dire, coniati per aiutarli a ricordare o per sottolineare un concetto. Talvolta irripetibili tra persone perbene, ma efficaci, e che nel tempo mi hanno fatto incontrare piloti mai visti e conosciuti che mi chiedevano “ma tu sei quello dei Talpo dixit?”.
Quelli che a volte monti su un aereo di linea per una qualunque destinazione ed escono dalla cabina per venirti a salutare e dicono a tutti “lui è stato il mio primo istruttore”, e tu che cerchi di sprofondare nella poltroncina (se mai possibile), mentre tutti ti guardano .
Quello che, pilota ormai da anni di Viking-Canadair, in una via affollata di un rinomato centro sciistico comincia a strillare “Comandante! Comandante!”, e tu ti volti a cercarlo quel comandante, come altre decine di persone. Scoperto che sei tu, cerchi nella memoria il nome, ma non importa, perché intanto ti presenta tutta la famiglia fino alla terza generazione e vuole assolutamente invitarti a cena per raccontarti.
Quanti. Compresi quelli che si son dimenticati. Tutti, un pochino, figli anche miei.
Ho fatto il mio. Era ora di smettere. In un mondo in continuo divenire cominciavo a non riuscire più a star dietro al nuovo. Continuo a ripetermelo, ma ci vorrà tempo per farmene una ragione. Intanto un groppetto alla gola c’è. Neanche tanto “etto”.
Cieli sereni, venti propizi ed ottimi atterraggi a tutti voi.
Ciao ragazzi. Grazie.
RT2021
(Dal Web)