LA STORIA DELL’ORSO. Liberamente tratto da un racconto di Romano Oss.

Romano Oss dedica questo suo racconto ai “bambini” di tutte le eta’ .

Una volta, in un tempo molto, molto lontano, uomini e orsi erano fratelli e vivevano assieme felici nei boschi. L’orso era l’animale più forte, considerato il re della foresta e tutti gli animali lo obbedivano. L’uomo, diversamente dall’orso, era sempre molto curioso e voleva sapere che cosa ci fosse sulle montagne, al di la del mare, dentro le profonde grotte della Terra, ma l’orso non capiva questa curiosità: “Qui ci sono le bacche, ci sono i funghi, gli alberi e la pace, perché curarsi del sapere che c’è altrove?” Così diceva l’orso al suo fratello uomo e lo guardava con compassione e tristezza perché sapeva che quella sua inquietudine lo avrebbe portato ad allontanarsi dalla foresta e a trovare delusione e infelicità, ma così era, e l’orso sapeva benissimo che non avrebbe potuto cambiare le cose. E un bel giorno l’uomo abbandonò la foresta, salutò l’amico orso e incominciò a costruire le città dove iniziare la sua nuova vita, cambiando le abitudini e i modi di vivere, ma anche se gli orsi non seguirono gli uomini, l’amicizia e il rispetto non vennero mai meno, gli orsi abitavano i boschi e gli uomini abitavano le città. La vita di uomini e orsi prese sentieri diversi, ma spesso si incrociò, alcuni orsi abbandonando la foresta tornarono a vivere con gli uomini e anzi divennero forti guerrieri come il valoroso re Artù, un re orso che portò la pace nelle terre dei Celti. Con il passare del tempo anche le abitudini di uomini e orsi cambiarono, e gli antichi fratelli si frequentarono sempre meno; all’inizio dell’inverno gli orsi incominciarono ad andare in letargo, mentre gli uomini sempre più impegnati nelle loro nuove attività, lontane dal mondo della natura, continuavano la loro vita sempre più indaffarati, ma non dimenticavano i fratelli orsi e ai primi di novembre quando questi se ne andavano a dormire per il riposo invernale gli uomini li salutavano dai loro paesi e villaggi organizzando grandi feste per salutare il riposo del più forte della foresta. Quando poi, in primavera, gli orsi si svegliavano ai primi di febbraio, gli uomini accoglievano la loro uscita dalle grotte accendendo grandi fuochi sulle montagne. Gli uomini poi dedicarono all’amico il nome di due costellazioni così che marinai possano trovare la strada di casa osservando i due grandi orsi del cielo, l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore. Poi vennero i Santi. Quando i predicatori del cristianesimo raggiunsero i luoghi di montagna si spaventarono vedendo che quelle popolazioni di montagna vivevano senza conoscere la verità del vero Dio e che anzi, veneravano e adoravano l’orso. Il problema non era di facile soluzione anche perché i primi missionari che andarono a predicare la parola della fede contro il re della foresta furono uccisi, divenendo così i primi martiri. Però i cristiani non intendevano essere sconfitti dall’orso e pian piano riuscirono a convincere quelle popolazioni ad accettare la loro religione e a dimenticare quella dell’orso. Così, pur mantenendole, riuscirono a cambiare il nome alle feste: il giorno dell’inizio del letargo divenne la festa dedicata a San Martino, l’11 di novembre, mentre quella del risveglio, il due febbraio divenne la Candelora, in cui la processione delle candele sostituì quella dei fuochi sui monti. Mentre le feste religiose sostituivano gli antichi rituali dedicati all’orso, questi, rattristato dal voltafaccia del suo amico fratello uomo, si ritirò ancora più dentro nel profondo della foresta, ma mantenne il suo dominio come animale più forte e rispettato. Gli uomini pur accettando la nuova religione non dimenticavano il loro grande fratello orso e ancora gli portavano grande rispetto, ma ciò continuava a non piacere ai santi e quindi decisero che anche l’Orso doveva obbedire all’uomo di fede e anzi, doveva essere spodestato dal suo trono. Fu così che molti santi, raccontano le leggende, riuscirono a farsi obbedire dagli orsi: San Colombano riuscì a domare un orso che non voleva cedergli la grotta, San Gallo tolse la spina dalla zampa di un orso e lo trasformò nel suo servitore, un orso al Brennero mangiò il cavallo a San Corbiniano e questi furente costrinse l’orso a portare i suoi bagagli fino a Roma. Infine gli evangelizzatori per far dimenticare completamente l’orso come animale da adorare portarono il leone, come re della foresta, anche se sulle Alpi nessuno aveva mai visto leoni. Così il povero orso, cacciato per la pelliccia, rinchiuso nelle gabbie degli zoo, fatto ballare nelle fiere, divenne sempre più triste e pian piano scomparve dalle Alpi. Per fortuna i bambini hanno sempre avuto fiducia nella sua forza e lo hanno sempre voluto nel letto a difendere il loro sonno. Custode muto di piccoli e grandi segreti, di sogni e desideri, ci accompagna nella faticosa ricerca della nostra identità. Dalle buie caverne del Paleolitico, dai miti antichi e dalle leggende di tutto il mondo è tornato a noi seguendo un filo lungo e antico che non si è mai spezzato. È tornato per farsi guardiano dei piccoli che condividono la sacralità del gioco, così come un tempo gli uomini condividevano i vasti territori di caccia e il buio delle caverne.  

p.s. il 16 luglio 1969 è partito con i compagni Collins, Armstrong e Aldin per il viaggio più importante dell’umanità, Teddy Bear è sbarcato sulla Luna.

Romano Oss e’ docente di Estimo all’Istituto Tecnico per Geometri “Andrea Pozzo” di Trento. Spesso potete incontrare Romano, anche nei reparti pediatrici degli ospedali di Trento dove, con i suoi racconti, riesce a strappare un sorriso alla sofferenza dei bambini ricoverati. Questo suo  racconto trova riscontro storico nelle documentazioni ufficiali dedicate.

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