DOMANI 4 SETTEMBRE 2016 MADRE TERESA DI CALCUTTA SARA’ PROCLAMATA SANTA.

Volo Varsavia Roma 6 novembre 1994,

forse la mia più umana e illuminante esperienza da comandante Alitalia.

 L’INCONTRO CON MADRE TERESA DI CALCUTTA.

Un particolare incontro ravvicinato con l’Immanente, l’ho avuto quando, su un volo da Varsavia a Roma, il 6 novembre 1994, ho potuto stringere fra le mie mani, le mani sante di Madre Teresa di Calcutta. Lei usava viaggiare sempre in classe economica, accompagnata da una sua giovane consorella. Durante l’imbarco dei passeggeri, mentre sostavo sulla porta della cabina di pilotaggio, s’è presentata ai miei occhi, come una dolcissima visione che non dimenticherò mai. Esile e minuta, avvolta nel suo umile abito monacale, s’è inchinata a mani giunte di fronte a me. M’ha colto di sorpresa! Ho istintivamente sollevato le sue spalle e Lei mi ha rivolto un luminosissimo sorriso, quello stesso delicato e rassicurante sorriso che accompagnava, in ogni occasione, la sua grande umanità. Il suo posto era prenotato in classe economica e, a fatica, l’ho convinta ad accomodarsi in un più confortevole sedile di Business Class. Durante il volo, ha chiesto di venire in cabina di pilotaggio, abbiamo scambiato alcuni pensieri e Le ho anche proposto qualche mia timida riflessione sul mistero della vita. Parlava un inglese molto fluente, quasi perfetto. Prima d’uscire e ritornare al suo posto, ha estratto da una tasca un piccolo involucro di carta e ha messo nelle mie mani, una statuetta della Madonna che io ho, istintivamente, posato nella piccola nicchia dello schermo radar. Con un benevolo sorriso Lei, però, mi ha pregato di spostarla e di metterla, bene in vista, sulla parte più alta del cruscotto. Era notte ma, in quella cabina, c’era la luce austera, soffusa e mistica di una cattedrale. Prima di congedarsi da noi, mi ha pregato di fare recuperare quanto di integro sarebbe rimasto sui vassoi della cena dei passeggeri: il burro, i formaggini, le confezioni di marmellata, i grissini, il pane. Lei era solita, anche a Roma, provvedere alla mensa dei suoi poveri: che grande lezione di umile e radiosa umanità! Ricordo che quella notte, le previsioni meteorologiche riportavano tempo perturbato su quasi tutta l’Italia. Sorvolando Vienna, eravamo riusciti a ottenere, via radio, gli ultimi aggiornamenti dei bollettini meteorologici che riguardavano la nostra rotta. Oltre le Alpi, avremmo incontrato una catena pressoché ininterrotta di temporali, che ci avrebbe inesorabilmente costretto a una sorta di slalom gigante fra i cumulonembi. Lo stesso aeroporto di Fiumicino, riportava anche una temporanea chiusura a causa del maltempo. Sorvolando la zona di Bolzano si vedevano già, in lontananza, i primi bagliori dei fulmini che illuminavano le nubi e le facevano apparire come gigantesche lanterne cinesi. C’è voluto del tempo, però, perché ci rendessimo conto che, al rapido avanzare del nostro aereo, corrispondeva anche un altrettanto veloce e inspiegabile spostamento in avanti, di quelle insidiose nubi che noi, non riuscivamo a raggiungere. Sembrava quasi, che Qualcuno le sospingesse lontano, per consentire alla statuetta della Madonna, ancora lì davanti a noi, di rimanere su quel precario e umile altare… sospeso nella notte a 12.000 m d’altezza! Siamo atterrati a Roma, sotto un cielo completamente sereno e stellato, senza nemmeno essere stati sfiorati da una sola nube. Prima dell’atterraggio avevo richiesto, via radio, il servizio VIP sotto bordo ma, l’addetto di turno, non aveva ricevuto alcuna comunicazione in merito, come solitamente avviene in questi casi. Ho insistito, e ai piedi della scaletta dell’aereo, un’automobile attendeva Madre Teresa. Non è stato facile convincerla perché, Lei, abituata a servire gli ultimi, non si sentiva a suo agio su un’auto blu. Ha salutato tutti con un cenno di benedizione e ognuno di noi, in silenzio, s’è inchinato. Prima di lasciare l’aereo, ogni membro dell’equipaggio, ha scritto il suo nome su un bigliettino e l’ha posato nel mio berretto. Giovanni, il più giovane fra tutti, ne ha estratto uno. C’era scritto proprio il suo nome e ho, quindi, posato la statuetta della Madonna nelle sue mani. Giovanni non ha mai saputo, che il suo nome era stato scritto su due foglietti. Avevamo avuto la fortuna d’incontrare una Santa che dedicava tutta se stessa a chi, nella vita, non aveva mai conosciuto nemmeno la speranza. Per me è stata una vera lezione di grande umanità e di grande umiltà: un’indimenticabile, splendida lezione di vita! Massimo, l’autista che mi ha riportato a casa quella sera, non s’è accorto di nulla: nel buio io ho pianto. Il mio insolito silenzio non l’ha nemmeno insospettito. Un comandante non può permettersi di piangere!

Aldo Rossi

“CORRIERE DELL’ALTO ADIGE” 6 settembre 2016

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